La nostra officina – Costruiamo il SAI Ambrosini SS.4 in scala 1/72

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SAI Ambrosini SS.4 – 1/72 Italian Kits

Quando ho ricevuto come vincita ad una mostra/concorso questo kit (misure della scatola cm 10x7x3,5 cm) mi sono chiesto: “sarà anche in scala 1/72… Ma come fa a starci un kit di aereo in una scatolina cosi? … E poi che soggetto è che non l’ho mai visto? Non si capisce qual’è il davanti e quale il dietro… Lo guarderò con comodo a casa”.

Una volta arrivato a casa ho aperto la scatola e… orrore!! Ma che roba è? Mamma mia! Istintiva la voglia di richiudere tutto e metterlo via, sopra il tavolo da lavoro. Però la curiosità ha avuto il sopravvento e ho riaperto il kit sbirciando in internet per cercare informazioni.

Bellezza delle bellezze, si trattava di un prototipo unico della R.A. 1939 e conoscendo la mia passione per i prototipi mi sono detto: “questo bisogna assolutamente farlo!”.

Mi sono messo comodo e ho tirato fuori tutti i pezzi (pochi) del kit per visionarlo: che delusione, una vera schifezza! Tutto in resina (mai fatto un kit in resina) con pezzi che definire grossolani è dire poco; appoggiando i vari pezzi le parti non combaciavano, specialmente quelle delle ali e c’erano fessure grandi come canyon. Un abitacolo inesistente costituito dal solo seggiolino.

Ho pensato “beh, lo faccio col tettuccio chiuso e coloro tutto in nero, tanto è piccolo non si vede quasi niente”. Cosi sono partito, dipingendo di nero l’abitacolo; sul seggiolino ho messo le cinture della Eduard (belle), già verniciate e ho poi chiuso il tutto.

Nell’attesa che si asciugasse il tutto ho iniziato a lavorare sui carrelli: mamma mia… che orrore i carrelli in resina! Ho deciso di rifarli da zero usando tubetti di rame e plasticard. Le foto seguenti rendono meglio di tutte le parole.

Proseguendo con le ali e le derive verticali ho verificato quanto anche queste parti fossero grossolane, “mai vista una roba cosi”. Le derive verticali guardavano tutte due verso l’esterno mentre secondo la documentazione dovevano essere invece dritte. Cosa fare? Con il seghetto ho praticato un taglio all’esterno delle derive e le ho raddrizzate; così facendo ho però creato un vuoto notevole, da fissare e riempire con stucco. La parte più bella è stata quando ho attaccato le parti mobili delle derive: altro che canyon! C’era un vuoto di circa 5/6 mm tra queste ultime e la parte fissa. Le foto seguenti illustrano bene questo punto.

Una volta fissate e stuccate le parti mobili ho cominciato a “grattare” rendendomi conto che lo spessore delle derive è, a dir poco, esagerato.

Sono andato di carta abrasiva e poi… altra bella sorpresa: mano a mano che portavo via materiale saltavano fuori le bolle della resina. Quindi ho stuccato i buchi con Attak e plasticard, proseguendo ancora con scartavetrature, buchi, Attak, buchi e Attak… non finivano mai. Arrivato a uno spessore decente ho iniziato lo stuccaggio ali-fusoliera sul ventre del velivolo: anche lì… buchi e Attak.

Alla fine soddisfatto di tutto il lavoro fatto mi sono detto: “è un peccato non aver fatto un minimo d’interno dell’abitacolo”. Ma ormai avevo chiuso tutto. Un modellista non può fermarsi cosi ho deciso di fare un cruscottino e delle consolles incollando il tutto con molta attenzione dall’alto; nel complesso è venuto bene, anche considerando le dimensioni. Ho proceduto poi per attaccare le prese d’aria del motore ma erano troppo spesse; usando le originali le ho ristampate in vacuform ristampando nel frattempo anche il tettuccio. Anche le due alette sul muso hanno avuto bisogno di una energica cura dimagrante e di una bella grattata per raccordarle alla fusoliera. Con lamierino di rame ho costruito i portelli del carrello anteriore e con plasticard di spessore adeguato ho rifatto i portelli del carrello principale.

Poi è arrivato il momento della verniciatura. Il soggetto era tutto in metallo naturale e senza nessuna insegna. Data una mano di fondo per evidenziare le diverse tonalità di metallo dei portelli ho deciso di provare a colorare con varie tonalità di nero opaco, nero semilucido e  grigi vari.

Ho successivamente ricoperto con Alclad alluminio opaco e il risultato è stato ottimo. L’Alclad non è coprente e si vedono le diverse tonalità sottostanti, ma bisogna stare leggeri. Finalmente sono arrivato all’assemblaggio di tutto il resto: canne dei cannoni (uno da 30 mm e due da 20 mm sul muso), tettuccio, carrelli, portelli, tubo di pitot, elica e alla fine posso dire di essere rimasto soddisfatto del lavoro. Più di una volta sono stato tentato di buttare via tutto, però la passione per i prototipi ha prevalso e ne è valsa la pena.

Gianni Besenzon