Un nuovo e accattivante soggetto dalle abili mani del nostro “figure master” Lorenzo Menegazzo. Niente da dire, ogni realizzazione… un centro!
Quando si parla di para’ tedeschi (Fallschirmjäger) vengono subito alla mente i “Diavoli Verdi” di Monte Cassino, che tanto filo da torcere diedero alla truppe alleate durante l’avanzata in Italia. La prima unita’ di paracadutisti fu creata nel 1938 nell’ambito della forza aerea tedesca – la Luftwaffe – per volere di Hermann Goring, con il nome di 1° Battaglione / 1° Reggimento Paracadutisti. I paracadutisti tedeschi furono impiegati con successo in numerosi lanci tra il 1940 e il 1942, per l’acquisizione di aeroporti ed aree strategiche, conquistando obiettivi che li resero famosi, per non dire leggendari, in Norvegia, Belgio, Romania e Grecia.
La conquista dell’isola di Creta fu pero’ ottenuta con un tale numero di perdite di uomini e aeromobili da segnare, di fatto, la fine delle operazioni aerotrasportate ; dopo Creta i paracadutisti, tranne rari episodi (lanci a Messina e Leros nel 1943 e nelle Ardenne nel 1944) furono impiegati come truppe di fanteria d’elite su tutti i fronti , dalla Russia all’Africa (la famosa Brigata Ramcke), in Italia (epica fu la difesa di Monte Cassino da parte del 1°, 3° e 4° Regg. Fallschirmjäger) , in Normandia , Olanda e Russia e, alla fine, sul patrio suolo.
A partire dal 1943 furono formate diverse Divisioni Fallschirmjäger, costituite per la stragrande maggioranza da elementi di fanteria che, se escludiamo i veterani , non effettuarono mai un lancio col paracadute; l’intento era quello di sfruttare la fama di “terribilità” conquistata dai Fallschirmjäger nelle campagne precedenti.
IL MODELLO
Il figurino qui rappresentato e’ un bel soggetto in 90 mm della ditta Soldiers, sapientemente scolpito da Adriano Laruccia, prodotto in quantita’ limitata di 999 pezzi, con tanto di certificato. Il modello e’ in metallo bianco, molto curato nei dettagli, con poche e minute sbavature ; le linee di giunzione degli stampi sono sapientemente distribuite e quasi impercettibili; per accoppiare il busto alle gambe bisogna lavorare un po’ di lima e stucco, le altre parti si assemblano con facilità; pregevoli le cuciture e le ribaditure in negativo del vestiario e delle bandoliere; personalmente trovo che l’espressione del volto sia stanca, ma determinata e ben si sposa con le caratteristiche del soggetto, dando la giusta espressività ad un veterano combattente. Durante la pulizia consiglio di porre molta attenzione nel non asportare i dettagli più piccoli, quali i bottoni automatici e le linguelle delle zip dei tasconi ; meglio visionare preventivamente qualche foto del soggetto.
LA PITTURA
La foto della box art rappresenta il giubbotto da lancio in livrea mimetica a tre colori, dove prevale un fondo giallo sabbia che mi ispirava poco. Per il mio modello ho preferito adottare lo schema di colorazione standard dei capi in telo mimetico della Wehrmacht, tratto direttamente da quello del telo tenda mod.1931, usato anche per i giubbotti da lancio dopo il 1940. In generale ho voluto dare un effetto piuttosto “dark” a tutto il soggetto, con toni un po’ più scuri della realtà, ispirandomi al (secondo me) bellissimo paracadutista dipinto da Diego Ruina. Tutti i colori usati sono acrilici di diverse marche.
Come fondo aggrappante per i colori acrilici sul metallo uso stendere una mano a pennello, piuttosto diluita, di bianco opaco MATT 34 Humbrol, che non deve essere coprente, ma piuttosto ben stesa ed uniforme; in alternativa, avendo più soldi che tempo ,va benissimo in primer bianco spray Vallejo.
L’incarnato e’ realizzato secondo i canoni classici; data la scala del soggetto, luci e ombre vanno sfumate applicando diverse mani molto diluite sul colore di base; per accentuare stanchezza e sporcizia ho enfatizzato tutte le ombreggiature azimutali; l’effetto della barba mal rasata e’ ottenuto con lavaggi molto diluiti di terra d’ombra naturale + verde vescica + nero; la sporcizia delle mani, molto realistica se pensiamo ad un soldato in teatro operativo, e’ realizzata con piccole pennellate di colore ad olio nero d’avorio molto diluito, applicato in modo mirato e subito steso con un pennello piatto asciutto; le eccedenze vanno tolte con un altro pennello appena inumidito di acquaragia.
Ho realizzato la mimetica del giubbotto partendo da un fondo coprente di Field Grey Tamiya + bianco + una punta di nero su tutta la superficie; per gli altri due colori della mimetica ho impiegato un verde medio composto da Military Green 975 Vallejo+Olive Green Tamiya e un marrone rossiccio composto da Hull Red 985 V.+ Flat Brown 140 V.
Al di là della correttezza delle tonalità dei colori, che dipendeva da una miriade di fattori (usura del tessuto, scoloritura causata da impiego e lavaggi, periodo e sito d produzione) e’ importantissimo riprodurre il più fedelmente possibile lo schema di spezzatura dei tre colori; a tale scopo e’ indispensabile disporre di una esauriente documentazione fotografica, che permetta di riprodurre al meglio ordine e sequenza delle chiazze spezzettate.
Prima di applicare i colori pieni, ho tracciato il perimetro delle campiture con linee di tonalita’ piu’ chiara, in modo da avere una visione di assieme della mimetica finale, procedendo per zone omogenee (quatro ant. destro, quarto ant. sinistro, schiena ecc.). Una volta riempite le chiazze, ho scurito le pieghe e lumeggiato le zone in rilievo, in particolare lungo i due lembi delle cuciture:
– luci:
- verde chiaro+bianco
- verde medio + bianco
- marrone + carnicino (Sunny Skin 020 V.)
– ombre:
- colore di base + terra d’ombra naturale + nero
Terminate le campiture resta “solo” da riprodurre la rigatura verticale segmentata in verde medio sulle chiazze verde chiaro e verde medio leggermente schiarito (altrimenti non si vede) sulle chiazze marroni.
Altre componenti del vestiario:
– elmetto:
l’elmetto da lancio era in acciaio, verniciato in grigio azzurro scuro (blue grey) ; l’invecchiamento e’ ottenuto con un delicato dry-brushing con colori sabbia+bianco
– bandoliere, buffetteria e scarponcini:
in origine erano in cuoio marrone, poi anche i para’ adottarono quelle nere impiegate dall’Esercito; gli scarponcini del modello sono quelli da fanteria, con allacciatura frontale, adottati dopo il 1943.
Ho colorato cinturone, cartucciere, bretelle e fondina in nero Vallejo, che risulta essere leggermente satinato, insistendo poi con un generoso dry-brushing su spigoli e rilievi con colore ocra gialla + bianco + una punta di nero.
Un discorso a parte riguarda gli scarponi: per simulare l’estrema usura a cui sono sottoposte le calzature in teatro operativo, dove le parti sporgenti, dopo un po’, rimangono praticamente senza colore, parto da una mano di fondo tinta sabbia, per poi effettuare progressivi lavaggi di nero, insistendo nelle pieghe, in modo che le parti più sporgenti rimangano più chiare.
– pantaloni:
in origine erano realizzati in tessuto colore grigio azzurro scuro; con il tempo furono adottati anche pantaloni in grigio verde (field grey); colore di base per il blue grey: blu di prussia + bianco + nero; ombre = colore di base + nero; luci = colore di base + bianco.
Per concludere, un po’ di weathering: la basetta di macerie impone una generosa impolverata di gomiti, parte anteriore bassa del giubbotto, cartucciere e fondina, ginocchia, pantaloni, scarponi e altre chiazze qua e là , random.
Per riprodurre la polvere ho grattato sulla carta abrasiva pastelli a cera (pastelli – non colori a cera – sono più gessosi e formano una polvere impalpabile) di diverse tonalità, tutte chiare, mischiando i colori e applicando la polvere ottenuta con leggeri tocchi di pennello a punta, togliendo infine. l’eccedenza con un pennello piatto.
Per omogeneità, la stessa polvere va’ applicata anche alla basetta, una volta dipinta e ombreggiata.
Lorenzo Menegazzo
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